Ciclismo fuori dalle Olimpiadi?

di Redazione Commenta

A meno di 24 ore dalle imminenti dichiarazioni di Lance Armstrong, ospite da casa al talk show di Oprah Winfrey, le dichiarazioni di Dick Pound, membro del Comitato Olimpico Internazionale, fanno tremare il mondo del ciclismo. Da quello che si appurerà dall’ex ciclista 7 volte vincitore del Tour de France (titoli revocati e bando a vita) potrebbe dipendere l’esclusione del ciclismo alle prossime Olimpiadi di Rio 2016. Si attendono infatti compromettenti confessioni che potrebbero implicare l’UCI – Unione Ciclistica Internazionale – che avrebbe coperto Armstrong. Secondo indiscrezioni nel 2001 il  Laboratorio antidoping di Losanna avrebbe fornito al ciclista texano la chiave per eludere il test dell’Epo; Anche secondo l’Usada – United States Anti-Doping Agency l’UCI sapeva tutto di Armstrong. Sarebbero implicati anche alcuni sponsor.

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Secondo Pound, ex presidente della Agenzia Mondiale Antidoping – WADA – il ciclismo dovrebbe fermarsi, riflettere e tornare ad essere uno sport pulito. Come se le Olimpiadi fossero di per se esenti da qualsiasi macchia. A parte il caso di Alex Schwazer, I Giochi Olimpici di Londra 2012 non hanno registrato casi eclatanti di doping (squalificata Nadzeya Ostapchuk nel getto del peso, i sospetti della nuotatrice cinese Ye Shiwen, il mezzofondista francese Hassan Hirt) ma il legittimo sospetto è che sul mercato nero del doping siano sbarcate nuove sofisticate sostanze e addirittura il doping genetico.

E’ inverosimile che il ciclismo, classe olimpica da quando sono nati i giochi moderni, possa essere esclusa da Rio 2016. Ma il segnale lanciato da Richard Pound è inequivocabile: salvare il ciclismo dal doping. Solamente che a furia di mandare segnali lo sport si sta abituando alle dichiarazioni di Pound solo come tali e senza una presa di coscienza o un’azione di forza. Quante volte abbiamo sentito il WADA accusare intere organizzazioni – e non solo singoli atleti – e poi?

Photo Credits | © Getty Images

 

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